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Multa Record: cosa sostiene l’Ue, cosa risponde Google

E’ arrivata a Luglio, ed è la seconda multa record che l’unione Europea ha comminato a Google.  Questa volta è la più alta di sempre e ammonta a 4,3 miliardi di euro. La precedente, inflitta lo scorso anno, ammontava invece a 2,4 miliardi di euro e fu motivata dall’abuso di posizione dominante che Google operava favorendo in Google Shopping il suo servizio di comparazione dei prezzi a discapito della concorrenza.
La nuova multa invece riguarda il sistema operativo Android, e si tratta sempre di una sanzione connessa all’abuso di posizione dominante.

Il caso Android: cosa afferma l’Ue contro Google

“Google ha negato ai concorrenti la possibilità di innovare e competere e ai consumatori europei i vantaggi di una concorrenza effettiva nell’importante sfera mobile. Questo è illegale secondo le regole antitrust dell’UE” recita così la dichiarazione di Margrethe Vestager, Commissaria responsabile per la Concorrenza, a commento della decisione dell’Unione Europea. Poco prima in conferenza stampa aveva anche affermato: “Il nostro caso riguarda tre tipi di restrizioni che Google ha imposto ai produttori di apparecchi Android e operatori di rete per assicurarsi che il loro traffico andasse verso il motore di ricerca di Google.”
Nel dettaglio le tre pratiche illegali che Google avrebbe messo in atto dal 2011 sono le seguenti:

  • chiedere ai produttori di preinstallare le app di ricerca e il browser di Google sui dispositivi che utilizzano il sistema operativo mobile Android. E’ stata inoltre resa obbligatoria la preinstallazione per vendere dispositivi con l’app store Google Play;
  • pagare i produttori di telefonia e smartphone per assicurarsi che sui dispositivi con sistema operativo Android non fosse preistallata nessun’altra app di ricerca che non fosse Google.
  • ostacolare lo sviluppo di sistemi operativi mobili concorrenti, incentivando anche finanziariamente l’installazione di Android.

Il sistema operativo Android: qualche numero.

In effetti consultando numeri e dati si ha l’impressione che quanto affermato dalla Commissione Europea possa avere dei fondamenti.

Secondo la società di analisi Statista, Android infatti ha superato potentemente le altre quote di mercato, lasciando la Apple ad una quota del 14,1% del mercato globale e conquistando ben l’85,9% degli smartphone nel mondo. E ancora secondo la società di ricerca Gartner l’anno scorso sono stati venduti circa 1,3 miliardi di telefoni con Android contro i circa 215 milioni che girano con iOS e 1,5 milioni che utilizzano altri sistemi operativi. Per quanto riguarda la pubblicità invece secondo la società eMarketer nel 2018 Google – con il nuovo Google Ads e altri tools simili – gestirà più del 30% di tutta la pubblicità del mondo sui dispositivi mobile.

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La situazione era molto diversa quasi un decennio fa. La stessa società di ricerca statistica ed economica Gartner, nel 2010, dipingeva una situazione del tutto differente: con il neonato iPhone in rapida ascesa al 14% del mercato, e l’outsider Android di cui si segnalava che in un anno era passato dallo 0,5% al 3,9%.

La risposta di Google che annuncia il ricorso

Di fronte a questi dati anche Google ha dovuto spiegare a cosa si deve, secondo il punto di vista della grande multinazionale, una così rapida ascesa.
Annunciando che avrebbero fatto ricorso in appello contro la multa, il CEO del colosso di Mountain View ha dichiarato “se i produttori di smartphone e gli operatori di rete mobile non potranno più includere le nostre applicazioni sulla loro vasta gamma di dispositivi, ciò sconvolgerà l’equilibrio dell’ecosistema Android […] ‎Finora, il modello di business Android ha fatto sì che non dovessimo far gravare sui produttori di smartphone i costi della nostra tecnologia, riuscendo così a non dipendere da un modello di distribuzione strettamente controllata. Ma siamo preoccupati che la decisione di oggi possa stravolgere il delicato equilibrio raggiunto con Android, inviando un segnale preoccupante in favore dei sistemi proprietari rispetto alle piattaforme aperte‎”. In questo modo Google paventa di fatto conseguenze sulle tasche dei consumatori, i quali a seguito della multa miliardaria dell’Unione Europea e dell’obbligo di fermare subito le pratiche oggetto della contestazione si potrebbero ritrovare a dover pagare il costo del sistema operativo e del suo sviluppo all’atto dell’acquisto dello smartphone.

Chi avrà ragione di fronte ai giudici? Noi di Mg Group Italia abbiamo varie sedi, tra cui la nostra web agency a Massa Carrara, e continueremo a seguire la vicenda e – come sempre – a tenervi informati su tutte le notizie dal mondo del marketing e dell’innovazione tecnologica.

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GOOGLE ASSISTANT: IL FUTURO E’ SEMPLICE, PARLACI!

Google assistant è il migliore assistente vocale tra quelli sviluppati dalle grandi multinazionali del web. Lo dice Loop Ventures, una venture capital americana, che investe in frontiere tecnologiche e che ogni anno svolge un test comparativo sottoponendo 800 domande a Siri di Apple, Google Assistant, Alexa di Amazon e Cortana di Microsoft.

Anche quest’anno Google ha sorpassato i concorrenti in tutte le categorie (commercio, locale, informazioni e navigazione) tranne una, cioè la categoria comandi in cui Siri, forse per la maggiore integrazione con il suo sistema operativo MacOs, riesce meglio.
I giganteschi investimenti che da tempo Google sta facendo in intelligenza artificiale, machine learning e tecnologie connesse, evidentemente stanno dando i loro frutti. Quali sono? Frutti economici per Google che si posizione al meglio in uno dei mercati più promettenti del futuro, e frutti in termini di comodità ed efficienza per milioni di cittadini che usando i comandi vocali di Google organizzano al meglio la propria vita quotidiana.

Google Assistant: come attivarlo

L’Assistente Google è la versione più evoluta – lanciata il 1 novembre 2017 – del primo Google Now. L’obiettivo di questa seconda versione di comandi vocali era quello di ottenere dialoghi più naturali e risposte alle richieste degli utenti più precise e pertinenti.
Pare proprio che Google ce l’abbia fatta, superando per giunta Siri che era fino a poco tempo fa considerato uno degli assistenti vocali più naturali e più efficienti.
Ma vediamo ora cosa si può fare con Assistente Google: la prima cosa da sottolineare che è l’assistente può essere installato tramite la app di google su tutti i dispositivi con sistema operativo Android. Basta entrare nell’applicazione, andare nel menù ‘Impostazioni’ e selezionare ‘Voce’. Poi abilita le voci presenti all’interno del menu Rilevamento “Ok Google” e da questo momento sarà sufficiente pronunciare ‘Ok Google’ o frasi come ‘Hei Google’ per attivare l’assistente vocale. Ricorda che una volta abilitato nella app l’assistente potrai sempre modificare le impostazioni nell’apposito menù.

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Quali sono i comandi vocali e cosa puoi farci

I comandi vocali di Google sono tantissimi e il modo migliore di scoprirli è provare ad utilizzarli, facendo domande e dando indicazioni all’assistente. In ogni caso illustriamo qui una breve lista di quelli più diffusi, che servono a migliorare la vita quotidiana e l’utilizzo dell’ormai insostituibile smart-phone che tutti abbiamo in tasca o nella borsa.

Prima di tutto vediamo le funzioni più semplici, quelle che usiamo più spesso anche manualmente:

Chiamare: “Ok Google, chiama [contatto]“.

Inviare messaggi: “Ok Google, invia un messaggio su WhatsApp (o altra app) a [Destinatario]” e dettare il testo.

Aprire siti e app: “Ok Google, apri [app]” oppure “Ok Google, vai a [sito internet]”

Inviare una email: “Ok Google, invia un’email a [contatto/email], oggetto [oggetto], messaggio [messaggio]” dettando il testo del messaggio.

Postare sui social network: “Ok Google, pubblica su [social] [testo messaggio]“.

Impostare una sveglia:  “Ok Google, svegliami alle [ora]” oppure “Ok Google, svegliami tra [numero-di-ore]“.

Dare l’orario: puoi scoprire l’ora esatta di qualsiasi città del mondo pronunciando “Ok, Google che ore sono a [città].”

Ci sono anche le funzioni con cui navighiamo app come la famossima Google Maps:

Indicazioni stradali: “Ok Google, indicazioni per [indirizzo] [città] [mezzo-utilizzato]“.

Punti d’interesse: “Ok Google, trova [Punto-interesse] più vicino” oppure “Ok Google, dov’è [Punto-interesse] più vicino”.

E ancora si può usare Google Assistant per attivare una serie di utilities che usiamo praticamente ogni giorno:

Informazioni meteo: “Ok Google, che tempo fa a [città]” oppure “Qual è il meteo a [città] [giorno]“.

Calcoli: “Ok Google, [numero] diviso/più/meno/moltiplicato per/elevato alla/… [numero]”.

Traduzione: “Ok Google, traduci [parola/frase] in [lingua]” oppure “Ok Google, come si dice [parola/frase] in [lingua]“.

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Valute e azioni di borsa: “Ok Google, prezzo azioni di [azienda/metallo/moneta]” oppure “Ok Google, quanto vale [cifra] [moneta] in [moneta]“.

Unità di misura: “Ok Google, quanti [grandezza/valuta] sono [cifra] [grandezza/valuta]“.

Promemoria: “Ok Google, ricordami [cosa] [quando] [dove]“.

E infine non potevano mancare le funzioni legate alla musica, come ad esempio:

Controllo riproduzione musica: “Ok Google, riproduci musica [brano o autore]” oppure più semplicemente “Ok Google, riproduci un po’ di musica”.

Riconoscere canzoni: “Ok Google, ascolta brano” oppure “Ok Google, che brano è”.

Google Home: come funziona l’assistente vocale quando diventa maggiordomo

A marzo di quest’anno – come annunciato da tempo – ha fatto il suo debutto in Italia Google Home, una serie di due altoparlanti intelligenti progettati per portare in casa le funzioni che abbiamo già visto di Google Assistant e per gestire applicazioni di domotica.

In concreto, Google Home partendo da ciò che può già fare l’Assistente Google su smartphone, si configura come una figura che prende nota e ci organizza la vita: promemoria, sveglie e appuntamenti, meteo, informazioni sui viaggi imminenti, informazioni nutrizionali sugli alimenti e altro ancora.
Purtroppo non  legge le notifiche dal cellulare, e quindi non è in grado di sostituirsi pienamente ad esso.
Ma non bisogna disperare: Google Home infatti è un prodotto in continua evoluzione e in futuro saranno sempre di più le nuove funzioni che verranno sbloccate dagli sviluppatori. A partire dalla domotica, dove ci si attende una crescita esponenziale a quella che si avrà negli impianti in casa. “Ok Google, accendi la lavatrice a 30°” oppure “Ok Google, alza le tende e accendi l’aria condizionata”: solo per fare un esempio di come si potrebbe usare questo gadget se si avessero in casa impianti di domotica interconnessi su tutti gli elettrodomestici.

Il futuro è semplice: parlaci

Avete quindi compreso pienamente che una parte del futuro della nostra vita quotidiana sarà sempre più affidata ai comandi vocali governati dall’intelligenza artificiale. Ciò che ci apparirà come la cosa più facile del mondo – ovvero parlare e chiedere con la voce come se stessimo parlando ad un altro essere umano – in realtà è il frutto di straordinari e ingenti investimenti in ricerca tecnologica e di molti anni di lavoro. In questo mondo tutto cambia e si aggiorna molto velocemente: come saranno le nostre case tra vent’anni? Chissà, potremmo chiederlo a Google Home. Intanto però sappiamo che dobbiamo aggiornare i nostri siti internet e la nostra Seo per la ricerca fatta con comandi vocali, che diventerà a breve la modalità più diffusa di ricerca. Che aspetti? Mg Group Italia, web agency di Massa Carrara, è qui anche per aiutarti ad affrontare queste nuove sfide.

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Marketing estivo? Non solo si può, si deve.

6 Consigli su come sviluppare il marketing estivo

Chi dice che d’Estate tutto si ferma, non dice il vero. Il marketing estivo è importantissimo, è sbagliato, infatti, pensare che durante le ferie, la comunicazione di un’azienda si debba arrestare e le campagne di web marketing debbano essere sospese. Come sempre, come per il resto dell’anno infatti, tutti noi d’estate usiamo internet per mille ragioni diverse: consultiamo le notizie, cerchiamo guide di viaggio, prenotiamo alberghi, acquistiamo vestiti durante i saldi e così via.
Prendiamo il dato audiweb di agosto 2017 ad esempio: l’anno passato nel più estivo e vacanziero dei mesi hanno usato internet in Italia 32,2 milioni di persone, il 58,6 della popolazione, per una media di di tempo speso nell’intero mese di 56:23 ore.

Siete ancora sicuri di voler spegnere le macchine e chiudere le pagine nei mesi estivi?

Consiglio n.1: prima di tutto i social network

Il primo consiglio è quello di continuare a produrre e pubblicare contenuti per le vostre pagine sui social network. D’estate percentualmente il peso dei social network aumenta. Sono un numero minore infatti le pagine che visitiamo per lavoro o per informarci e un numero maggiore le visite che facciamo ai social, per vedere le pagine degli amici, commentare le foto delle vacanze o semplicemente svagarci. Naturalmente sono anche differenti i contenuti che vengono diffusi e quindi anche sulle pagine della vostra impresa dovranno esserci post più leggeri, divertenti, capaci di dialogare con il contesto, meglio ancora se pensati per diventare virali. Ma attenzione: ricordatevi di rispettare anche d’estate le regole di base: il solleone e il caldo non giustificano certo errori macroscopici, post che dimostrano evidente trascuratezza o contenuti che possano risultare offensivi per qualunque categoria di persone.

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Consiglio n.2: continuate a scrivere il vostro blog, con un tono diverso

Sospendere la scrittura del blog nei mesi estivi è davvero controproducente: le persone che vi seguono non necessariamente andranno in ferie proprio nello stesso periodo in cui ci andrete voi, potrebbero rimanere delusi quindi di non trovare contenuti per un lungo periodo. Anche qui comunque vale il consiglio di cui sopra: cambiate il tone of voice, scrivendo di argomenti che non sia tecnici, o pesanti, o troppo seri. Ed evitate testo lungi e tutorial: è il tempo di testi brevi e degli speedlinking post, cioè di rassegne di post di approfondimento che chi vorrà leggerà con calma. Non solo, è anche la stagione dei contenuti speciali, nel formato o nell’argomento, che si configurino come una specie di regalo ai vostro follower più affezionati. Potreste pubblicare un video, un e-book o magari un numero zero in pdf da stampare, dedicato ad un tema importante.

Infine: usate gli strumenti a vostra disposizione. Potrete programmare tutto quello che volete con i nuovi tool come Hootsuite, Sprout o Buffer, lavorare in anticipo e godervi tranquillamente le vacanze tenendo lontano qualsiasi pensiero stressante.

Consiglio n.3: se lavorate nel turismo è il vostro momento

Inutile dirvelo: se il prodotto per cui fate web marketing è un prodotto turistico l’estate è il vostro momento. Non potete assolutamente fermarvi: pubblicate foto recenti dei vostri ospiti sui social network, curate l’agenda sul sito, fate attenzione a quanto accade sui siti di recensioni come tripadvisor o su qualsiasi altro social similare. Comunicate, comunicate anche se la vostra struttura è già sold out: chi cerca una struttura ricettiva come la vostra guarderà le foto o leggerà i post, e se lo avete convinto potrebbe anche prendere nota dei vostri contatti per qualche vacanza futura. Se invece non siete ancora pieni probabilmente è il tempo giusto per un qualche investimento in campagne advertisig e pubblicitarie: rivolgetevi a dei professionisti come noi di Mg Group, sapranno indirizzarvi nel modo migliore.

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Consiglio n.4: è un ottimo momento per il buzz marketing

Guardate le immagini di questo squalo. E’ un esemplare di cinque metri misteriosamente ritrovato una mattina su una spiaggia dell’Emilia Romagna. Per una giornata intera ha destato la curiosità di tutti i passati, è finito sui social network, è stato fotografato per le chat di whatsapp di migliaia di persone. Poi nel pomeriggio si è scoperto che si tratta di un’operazione di marketing legata al lancio della saga di Sharknado su Sky Cinema Max.
Non è detto che dobbiate essere così creativi, ma ricordatevi che l’estate è il momento migliore per un marketing di questo tipo, per video virali e lanci provocatori. Bastano anche piccoli investimenti o piccole cose, l’importante è che restino ben piantate nella memoria di chi vi si imbatte.

Consiglio n.5: personalizzate le iniziative di marketing estivo

Sconti speciali, concorsi a premi, prodotti omaggio, pacchetti: l’estate – come ogni ricorrenza in generale – è il momento di prendersi cura dei vostri clienti e lavorare alla fidelizzazione. Fate sentire speciali i vostri clienti o i vostri follower! Ricordate sempre che è molto più facile che chi è già vostro cliente acquisti di nuovo, e molto più difficile acquisire un nuovo cliente. Quindi non abbiate dubbi: se organizzate dei saldi mandate un’anticipazione via mail alla vostra newsletter, controllate chi l’ha aperta, mandate ulteriori offerte a coloro che sembrano effettivamente interessati ai vostri prodotti. E ancora: provate con il remarketing, potreste occupare uno spazio che viene lasciato vuoto dai vostri concorrenti proprio a causa delle ferie estive e della riduzione di personale.

Ultimo consiglio: se non ve la sentite, fate lavorare qualcuno per voi.

Ultimo breve, brevissimo consiglio: avete letto questo articolo e proprio non riuscite ad immaginarvi davanti al computer occuparvi di marketing estivo e scrivere contenuti? Vi capiamo, anche voi avete bisogno del meritato riposo. Però sappiate che state perdendo delle occasioni e che una soluzione perché ciò non accade c’è ed è a portata di mano. Affidatevi ad un’agenzia esperta, che abbia nel suo team le professionalità che servono a fare ciò che avete in mente. Basta poco e i le vostre pagine continueranno a funzionare anche mentre siete sdraiati sulla spiaggia, senza pensieri e senza l’ansia dei potenziali clienti perduti. La migliore web agency a Massa Carrara, Mg Group Italia è a vostra disposizione, basta una telefonata estiva per attivare il marketing estivo: non esitare!

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Clienti soddisfatti con la Customer Care

Un giorno qualsiasi ad un’ora qualsiasi un cliente visita un ecommerce per acquistare un prodotto.

E’ una situazione che si verifica ormai milioni di volte nell’arco di un mese, visto che in Italia – secondo una ricerca di Idealo – gli e-shopper sono 25 milioni, e il 78% di loro acquista almeno una volta nell’arco di trenta giorni.
Continuiamo il nostro racconto: il cliente comincia a navigare il sito, legge le descrizioni e le recensioni dei prodotti, ha praticamente scelto cosa comprare ma lo assalgono i primi dubbi: “cerco un prodotto con particolari caratteristiche tecniche ma il sito non riporta chiaramente le informazioni in merito, a chi posso chiederle? Posso pagare con la mia american express? Nella scatola quanti singoli pezzi ci sono? E così via”. E ancora, anche quando abbia già concluso l’acquisto, può capitare che il cliente abbia numerose domande: “Ho inserito i dati della carta ma ho dovuto ricaricare la pagina due volte, avrò pagato due volte? Ho sbagliato ad inserire l’indirizzo di consegna, come posso correggerlo?”

Ora immaginiamo che il cliente non riesca a trovare sul sito un numero di telefono da chiamare, che scriva una mail ma non ottenga immediata risposta, che si rechi sulla pagina facebook per provare a mandare inutilmente un messaggio. A questo punto per il nostro cliente l’esperienza di acquisto sarà già diventata un incubo. E una cosa è certa: la prossima volta non utilizzerà più lo stesso e-commerce.

Prendersi cura dei propri clienti prima e dopo l’acquisto è quindi un’attività che non va mai sottovalutata perché è la chiave per fidelizzarli. Vediamo come fare.

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Un cliente arrabbiato non si gestisce, si previene.

Gestire un cliente arrabbiato può essere davvero una missione impossibile. Il nostro consiglio è quello di non arrivare mai a questo punto e di lavorare molto per prevenire ogni eventuale difficoltà o disservizio. Nessuno è disponibile a spendere il proprio denaro per avere un’esperienza faticosa o addirittura stressante. Quindi riflettete bene su come far felici i vostri clienti e su come organizzare per loro una comfort zone digitale in cui ogni problema diventi facilmente superabile e in cui possano trovare offerte e attenzioni ad essi dedicate. Se state investendo denaro e fatica sulla brand reputation e la brand awareness della vostra azienda, sappiate che quell’investimento può essere profondamente danneggiato da una gestione sbagliata del rapporto con i clienti.

In termini tecnici si tratta quindi di progettare percorsi di vendita customer oriented, e di cambiare profondamente mentalità.
Sono almeno tre i focus da tener presenti:

  1. praticare la customer care (che significa la cura dei clienti),
  2. organizzare un customer service (ovvero un servizio assistenza clienti)
  3. puntare alla customer satisfaction (ovvero alla soddisfazione dei clienti alla fine del processo d’acquisto).

E sempre tre i momenti in cui è necessario assistere il cliente:

  1. prima dell’acquisto (ovvero per fornire informazioni)
  2. durante l’acquisto: (ovvero per risolvere difficoltà dipendenti dalla tecnologia)
  3. dopo l’acquisto: (dare informazioni sulla consegna e sull’eventuale reso)

E’ importante avere un piano e un’organizzazione in grado di far fronte a tutte queste necessità

Customer care: strumenti e strategie dedicate sono indispensabili.

La customer care è uno strumento di web marketing al pari degli altri. Generalmente si investe molto per ottenere visite e conversioni sul sito, ma è necessario capire che bisogna investire non solo per attrarre ma anche per non perdere quei potenziali clienti.
Ricordate sempre che le possibilità di vendere ad un cliente esistente si aggirano fin oltre il 60%, mentre le possibilità di farlo ad un nuovo utente sono stimabili tra il 5% e il 20%. Avere un numero verde, o una live chat, o un servizio efficiente di risposta alla posta non sono quindi optional, ma spese da considerare quando si vuol progettare un e-commerce che funzioni. E mettere in campo delle strategie di fidelizzazione dei clienti (come gli sconti riservati, le offerte speciali, le promozioni) è quasi una necessità.

Il problema delle vendite on-line infatti è l’assenza di quella relazione umana e quel dialogo che l’incontro tra cliente e addetto alla vendita in un normale negozio garantisce, non solo nel momento della vendita, ma in molti casi anche nei tempi medio-lunghi. L’addetto alla vendita si prende cura delle ansie e dei dubbi del cliente: ascolta, suggerisce, consiglia, illustra. E questa è costumer care. Il servizio che bisogna costruire on-line deve avere la stessa ‘avvolgenza’: per questo è necessario che dall’altra parte dello schermo o del filo ci sia personale in carne ed ossa, adeguatamente formato e informato, capace cioè di rispondere a tutte le domande che possono essergli rivolte. E anche che questo personale di renda disponibile al cliente con un nome, una foto, qualcosa che renda il contatto immediatamente assimilabile a quello di persona.

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Customer service: organizzatevi per rispondere velocemente e chiaramente

A volte si può avere l’impressione che la mole di lavoro che un customer service deve smaltire sia troppo pesante per le reali risorse dell’azienda. Questo è un atteggiamento mentale sbagliato, che impedisce di cercare la strada per l’ottimizzazione delle risorse a disposizione. E’ invece importante puntare sull’organizzazione: il costumer service serve ad assistere i clienti e contemporaneamente a ricevere feed-back, cioè a far emergere eventuali errori che andranno prontamente corretti.
Servono quindi tre tipi di attività da progettare che il customer service dovrà svolgere:

  1. rispondere alla domande (a tale scopo va adeguatamente formato il personale, vanno reperite in anticipo tutte le informazioni necessarie, vanno preparate delle risposte preordinate per le domande più diffuse)
  2. segnalare ai programmatori del sito e al dipartimento marketing errori rilevati dai clienti (in questo caso si tratta di segnalare l’assenza di testi chiari di spiegazione, o di aggiungere della Faq sul sito, o di segnalare che va rivista la user experience)
  3. immaginare strategie compensative in caso di disservizio (ad esempio proponendo sconti speciali o promozioni a chi ha ricevuto la merce in ritardo)

Ricordate anche di dare grande valore alla velocità nella risposta e alla chiarezza. Il tempo che passa per un cliente è tempo in cui matura insoddisfazione e delusione, per questo la tempestività nei servizi on-line è sempre un valore non trascurabile.

Customer satisfaction: lasciate un buon ricordo della vostra azienda

Sapete che nemmeno il 25% dei clienti sporge richiamo al customer service? Può sembrare un dato positivo, invece molto spesso nasconde un’altra realtà. I clienti pensano che sia inutile perdere il proprio tempo nello sporgere richiamo e non inviano il feedback negativo all’azienda, ma esprimeranno il proprio malcontento in moltissime sedi pericolose per la brand reputation: forum, social network, passa-parola tra amici e colleghi.
La soddisfazione del cliente è quindi un obiettivo da non mancare. Ascoltare il cliente e fare web listening sono moniti da tenere sempre a mente, perché la mancanza di ascolto crea percezione di abbandono e scarsa fiducia. Il vostro servizio clienti deve essere proattivo, ovvero deve intercettare i bisogni prima che divengano delusioni e non soltanto disporsi ad accogliere lamentele.

Web marketing e customer care: una strategia integrata.

Nel web marketing nessuna azione può essere realizzata in modo slegato dalle altre: serve una strategia coerente, anche per il vostro costumer service. Mg Group Italia, web agency a Massa Carrara, è un’azienda che da anni si occupa di strategie e servizi digitali per imprese che non vogliano perdere le opportunità offerte dai nuovi strumenti del web. Se hai bisogno di servizi professionali e dedicati puoi contattarci in ogni momento: metteremo la nostra importante squadra a disposizione tua e della tua azienda, come abbiamo fatto già per moltissimi altri.

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Fake News: cosa sono e come difendersi

Fake News: cosa sono e come difendersi

Le violenze e i linciaggi in India, dovuti alla circolazione di false notizie sui rapimenti di bambini, sono soltanto gli ultimi tra gli accadimenti legati al tema delle ‘fake news’ che continuano ad interrogare sociologi, politici, imprenditori e amanti dell’innovazione tecnologica. Il caso è arrivato – ovviamente – fino a Mark Zuckerberg, esattamente perché Facebook dal 2014 ha acquisito anche WhatsApp, accusato di essere – proprio in India dove detiene una fetta di mercato importantissima – il veicolo con cui le fake news diventano virali. Così, dopo l’annuncio sul cambio di algoritmo di Fb, il 19 luglio, con un post pubblicato sul proprio blog, WhatsApp ha annunciato una decisione orientata a rendere più difficoltosa la diffusione a macchia d’olio dei video e dei contenuti falsi: gli utenti potranno inoltrare lo stesso messaggio a un numero massimo di venti persone, un limite che in India si abbassa fino a cinque. Fino a ieri si trattava di un limite posto a 250 contatti.

Cosa sono le fake news?

Nel frattempo poche settimane fa, visto l’attenzione crescente sul tema, la Commissione Europea, per la prima volta, ha fornito una definizione formale e univoca di fake news: una “informazione rivelatasi falsa, imprecisa o fuorviante concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro o per ingannare intenzionalmente il pubblico, e che può arrecare un pregiudizio pubblico”. Non solo: ha chiesto a tutte le piattaforme informatiche  e i social network di adottare un codice di condotta che produca trasparenza sui contenuti sponsorizzati (in particolare sui messaggi pubblicitari di natura politica), limiti la profilazione a fini di propaganda politica e riduca i profitti dei vettori di disinformazione. Ci sarà ancora da aspettare prima di vederlo, ma intanto qualcosa comincia a muoversi concretamente.

Fake News cosa accade in Italia

In ogni caso proprio in questi giorni altri casi stanno alimentando il dibattito anche in Italia: un blogger, David Puente, ha segnalato il lavoro da professionista di qualcuno che usando il profilo fake di Lara Pedroni, costruito utilizzando le foto di una modella inglese, diffondeva bufale in modo sistematico su gruppi scelti con cura. Ora il profilo risulta rimosso, ma il blog ha conservato gli screenshot dei meme fake diffusi, contenuti che hanno avuto migliaia di condivisioni, pensati ad arte contro Saviano, Boldrini, Kyenge, Renzi e altri politici o personaggi famosi. Questo è soltanto l’ultimo caso, dopo che ormai da anni in Italia si discute dei blog senza scrupoli che stanno diffondendo sui social network in modo anonimo notizie calunniose contro determinate personalità pubbliche, o anche più semplicemente notizie false confezionate per destare attenzione e produrre traffico verso i siti che li hanno pubblicati. Un esempio? L’articolo sul cellulare esploso di notte mentre era in carica che avrebbe ucciso un ragazzo: pur essendo completamente falso ha continuato ad essere condiviso in internet per almeno tre anni.

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Ultimi sondaggi: gli italiani non si fidano più dei social network

Nel frattempo un gruppo di ricerca sui mezzi di comunicazione di massa dell’Università Suor Orsola Benincasa guidato da Umberto Costantini, docente di Teoria e tecniche delle analisi di mercato ed Eugenio Iorio, docente di Social media marketing ha chiesto agli italiani cosa pensassero delle notizie che leggono sul web e ha prodotto un rapporto dal titolo “Infosfera” che riporta i risultati. Ebbene dalla ricerca emerge che per l’87% degli italiani i social network non offrono più opportunità di apprendere notizie credibili e che l’82% degli italiani non è in grado di riconoscere una notizia bufala sul web. Dati preoccupanti che se da un lato segnalano che la maggior parte dei cittadini italiani è consapevole dei problemi che si possono incontrare usando il web come fonte d’informazione, dall’altra segnalano che la stragrande maggioranza dei cittadini non possiede gli strumenti cognitivi necessari a valutare la qualità e l’attendibilità di ciò che legge.

Fake News: come difendersi?

La cosa più importante è cercare di navigare con consapevolezza, e soprattutto verificare le fonti prima di condividere contenuti che ci paiono sorprendenti o che possono sembrare frutto di esagerazione, nel titolo e nel testo completo. Verificare le firme, cercare la biografia dell’autore, controllare il tenore degli altri articoli pubblicati dal sito sono tra buone regole da seguire sempre in casi che ci paiono di dubbia veridicità. E’ importante anche controllare la data: molto spesso capita di veder circolare notizie molte vecchie, già smentite, che vengono condivise ancora soltanto per il sensazionalismo che le caratterizza. Infine è sempre bene tenersi informati: in rete ci sono molti siti che si stanno impegnando a denunciare le bufale e i loro autori. Visitarli ogni tanto può aiutare il lettore meno accorto a farsi un’idea di quali siano gli argomenti più usati per le fake news e il motivo per cui ciò accade.
In una società complessa come la nostra mantenere in salute internet significa difendere la libertà di tutti e tutte e la qualità della democrazia.
Per questo anche noi di Mg Group siamo impegnati a promuovere consapevolezza e correttezza nel mondo del digitale, anche tu non abbassare la guardia. Affidati all’esperienza e alla professionalità della più innovativa web agency di Massa Carrara.

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Cristiano Ronaldo: Campione assoluto dei social network

Cristiano Ronaldo: Campione assoluto dei social network

Non serve essere appassionati di calcio per aver saputo dell’affare Cristiano Ronaldo e delle cifre strepitose che la Juventus di Andrea Agnelli ha dovuto sborsare per averlo nella sua squadra.
100 milioni al Real Madrid, altri 12 milioni di oneri accessori alle squadre che hanno formato il calciatore, 7 milioni per i procuratori del calciatore e ancora 31 milioni netti di stipendio annuo per Cristiano Ronaldo, che possono arrivare fino a 40 comprendendo i bonus e che al lordo costano alla Juventus ben 86 milioni l’anno, per 4 anni.
Queste cifre hanno scatenato una lunga polemica: sulla diseguaglianza tra retribuzioni innanzitutto, con il comunicato dei lavoratori Fiat che hanno accusato la famiglia Agnelli di chiedere giganteschi sforzi agli operai ma di non badare a spese quando si tratta di acquistare un calciatore. Ma non è finita qui perché in molti si sono chiesti se una tale cifra per un solo calciatore possa essere davvero un investimento sportivo vantaggioso.

Cristiano Ronaldo: una potenza nello sport e nel marketing

Non c’è alcun dubbio che CR7, come viene chiamato dal pubblico mondiale del calcio, sia un campione fuori dal comune. In effetti lo stesso Real Madrid ha ricordato che Cristiano Ronaldo ‘è diventato anche il capocannoniere nella storia della squadra, con 451 gol in 438 partite. In totale 16 titoli, tra cui 4 coppe europee, 3 di loro consecutivi e 4 nelle ultime 5 stagioni. Su base individuale, con la maglia del Real Madrid ha vinto 4 Palloni d’Oro, 2 The Best e 3 Scarpe d’oro, tra molti altri premi.” E non va dimenticato che per calciatori così le Top League sono spesso disposte a pagare cifre vertiginose, basti ricordare la top 20 dei calciatori più pagati che vedeva – fino al passaggio alla Juventus – CR7 secondo dopo Lionel Messi, e ancora altri 18 giocatori tutti retribuiti con stipendi sopra i 20 milioni di euro annui.

Il motivo di queste cifre è semplice e si chiama marketing. Quando la Juventus ha acquistato CR7 non ha solo acquisito un calciatore ma un intero brand che genererà milioni di euro di ricavi nei diversi filoni del business della squadra. Per capirlo basta dare un’occhiata ai social network, di cui Cristiano Ronaldo è re indiscusso. Nelle settimane che hanno preceduto l’annuncio dell’acquisto da parte della Juventus sono stati centinaia di migliaia i post dedicati al tema, alcuni dei quali raccolti da hashtag come #CR7 #CR7DAY #CR7allaJuve e alcuni come #SeArrivaCR7 dedicati persino a tweet esilaranti, battute e freddure di ogni genere.

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Ci sono più follower di CR7 che abitanti negli Stati Uniti

Tutto ciò non deve stupire, non soltanto perché il calcio continua a rimanere uno degli argomenti più di tendenza, anche sui social e soprattutto in Italia, ma perché il numero dei follower complessivi di Cristiano Ronaldo è davvero impressionante: su Instagram con i suoi 135 milioni di follower CR7 è l’unico sportivo nella classifica dei più seguiti al mondo, secondo soltanto a Selena Gomez con i suoi 139 milioni di seguaci. Su Facebook il portoghese è invece primo al mondo con 122 milioni di like e infine in Twitter rientra tra i 10 al mondo più seguiti con 74 milioni di followers. Parliamo di un numero complessivo di follower sulle tre piattaforme che arriva fino a 335 milioni. Una cifra che supera quella dell’intera popolazione degli Stati Uniti d’America e che colloca a pieno titolo Cristiano Ronaldo nella lista ristrettissima degli influencer di livello globale. Un’ascesa irresistibile che continua a non trovare argini, basti pensare che tra il 6 giugno e il 16 luglio l’incremento dei follower di Cristiano Ronaldo su Instagram è stato di ben 8 milioni, come dimostra il grafico. 

Grafico Cristiano RonaldoRonaldo: per la Juventus più guadagni che costi

Per la Juventus, ovviamente, significa potenzialmente una valanga di denaro in entrata, più di quello – tantissimo, come abbiamo visto – che è stato conteggiato alla voce ‘uscite’ per la retribuzione di CR7. Per le vittorie sportive conquistabili, certo, ma saranno altre le voci di entrata che produrranno i segni ‘+’ maggiormente significativi: sponsorizzazioni, vendita di gadget, vendita di biglietti e abbonamenti, vendita di pubblicità e diritti.

La Juventus ha acquistato un calciatore che ha 285 milioni di follower in più della sua squadra, che arriva circa a 50 milioni, e un vero e proprio impero legato ai suoi canali web i quali hanno prodotto – secondo le stime di Forbes – nel 2017 un totale di 180 milioni di dollari. Gli effetti positivi non hanno tardato nemmeno qualche ora a farsi sentire: in un giorno, dopo l’annuncio dell’acquisto del portoghese, la pagina Instagram della Juve ha guadagnato 1 milione e 400 mila follower, la pagina Twitter 1 milione e quella Facebook circa 500. Il sito internet della Juve è andato in sovraccarico, a causa del numero altissimo di persone che vi si è collegata per acquistare gadget e abbonamenti, il cui prezzo per altro è già stato aumentato del 30%.
Le stime sui post di Cristiano Ronaldo parlano di  2,3 milioni di interazioni in media su ogni singolo contenuto, il che genera all’incirca un guadagno di circa 400.000 euro per ogni post del Pallone d’Oro (i post sponsorizzati di Ronaldo sono stati fino ad oggi 580).

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Web marketing, ormai nessuno può farne a meno.

Bastano questi dati a dare un’idea di quale possa essere l’effetto sull’awareness e la reputation della Juventus di questa acquisizione, oltre che sul fatturato reale che – nessuno stenta a crederlo – crescerà di milioni di euro nel prossimo futuro.

Non solo di calcio, come si vede, ma di marketing bisogna parlare quando si parla di CR7. Non vi è più nella società contemporanea quasi nessuna attività degli esseri umani che non sia orientata dal web, dai social network e dagli investimenti che in queste reti generano ricchezza.
E tu che aspetti a confrontarti con il mondo del marketing? Non tutti possiamo essere Cristiano Ronaldo, ma tutti di certo possiamo tirare una palla in porta. Contattaci subito: possiamo aiutarti a vincere questa partita. Affidati alla migliore web agency a Milano!

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Buzz Marketing: l’importante è che se ne parli

Buzz Marketing: l’importante è che se ne parli

Probabilmente se ascoltate pronunciare le parole ‘buzz marketing’ non avete idea di cosa si stia parlando, eppure la definizione è più semplice di quanto non sembri e lo stesso vale sostanzialmente anche per la tecnica. Parliamo infatti di ‘passaparola’, ovvero dell’utilizzo di una comunicazione non convenzionale per produrre nei potenziali clienti un’onda di discussioni e citazioni del prodotto oggetto della comunicazione. Il Buzz indica in inglese il ronzio di uno sciamo d’api, e cioè metaforicamente il parlar fitto e continuo di un grande numero di persone. Fare in modo che se ne parli, bene o male non importa, è l’obiettivo – semplice a dirsi ma difficile da raggiungere – di ogni buona campagna di buzz marketing.

Portare il passaparola online grazie ai social media


La tecnica del buzz marketing – lo capite da soli – è una tecnica classica e antica. E’ dai tempi delle fiere itineranti del rinascimento che per far accorrere i potenziali clienti si cerca di stupirli, colpirli, eccitarli: un tempo si usavano animali stravaganti, maghi, nuove invenzioni; oggi invece è necessario lavorare sui significati e trovare quello in grado di ‘destare scalpore’ o meno provocatoriamente di creare un po’ di semplice attesa. L’obiettivo di questa tipologia di campagna online è quello di aumentare il volume delle conversazioni con per accrescere la notorietà del marchio coinvolto. In particolare questo obiettivo va perseguito usando i social network, che sono oggi il regno in cui si costruisce la brand awareness di un’azienda, si custodisce la brand reputation e se, al contrario, le cose vanno male, si trascura il web listening e si ignora la crisis communication, può anche accadere di veder demolito il proprio prodotto in un tempo piuttosto breve.
E’ importante inoltre, per chi sceglie la strategia del buzz marketing, avere siti internet e soprattutto pagine sui social media adeguatamente personalizzate e curate, con un numero di follower non troppo basso.

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Alcuni casi di buzz marketing interessanti on-line

Una promozione in facebook che faceva scendere il prezzo di un capo d’abbigliamento di 5 centesimi ogni volta che un fan cliccava sulla foto dello stesso è l’idea con cui Terranova ha realizzato una efficace campagna di buzz marketing su Facebook.

Ikea invece decise di regalare i mobili fotografati nelle immagini pubblicate sulla sua pagina facebook ufficiale ai primi utenti che riuscivano a taggarsi.

E ancora: Buitoni, dopo l’incidente di Barilla il cui presidente aveva affermato che non avrebbe mai realizzato uno spot con famiglie gay, ha intelligentemente risposto diffondendo sui social la foto di un portone aperto su un prato fiorito e il claim «A Casa Buitoni c’è posto per tutti»
Oreo, il noto marchio di biscotti, invece ha magistralmente sfruttato un blackout negli Stati Uniti verificatosi durante il Superbowl del 2013, pubblicando un tweet nel momento della massima attenzione sul tema una pubblicità col biscotto retroilluminato e lo slogan “non hai bisogno di luce per inzupparlo, puoi farlo anche al buio”.
E infine Volvo Trucks e Tim, due casi che hanno creato viral e buzz marketing usando i video. Nel primo il protagonista è Jean-Claude Van Damme che ha generato 76 milioni di visualizzazioni prestandosi ad un test in cui la spaccata di Van Damme, realizzata poggiando un piede su un camion e un piede su un altro, entrambi in movimento, è servita a mostrare al mondo la precisione dello sterzo dei camion Volvo.
Il secondo invece è quello dello spot della TIM in cui un giovane ballerino si scatena per le strade di Milano sulle note della canzone ‘All Night’, del dj austriaco Parov Stelar. Dopo il primo spot è stata generata una catena di condivisioni e contenuti sul web che ha dato luogo anche ad una lunga serie di Flash Mob in moltissime città italiane: un modo per far parlare di sé anche nei circuiti locali.

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Il buzz marketing anche off-line

Alcuni casi davvero interessanti di buzz marketing sono stati realizzati offline e spesso sono legati alla curiosità che possono destare alcune azioni di marketing quando sono inusuali e soprattutto non esplicitamente firmate dall’azienda che le ha promosse. Di solito si genera una conversazione che a volte invade anche spazi mediatici diversi da quelli utilizzati dalla campagna.
Un esempio di successo è quello della campagna promozionale del film di fantascienza District 9, che fu realizzata pagando affissioni di manifesti non firmati con frasi minacciose nei confronti degli alieni. I cittadini, anche di alcune città italiane coinvolte, si chiesero subito quale fosse il prodotto pubblicizzato e questo generò un passaparola tra i più efficaci negli ultimi anni.

Progetta la tua strategia, cerca come produrre contenuti virali


L’ironia, i doppi sensi, o al contrario un linguaggio molto forte e diretto, tale da generare una provocazione sono gli ingredienti fondamentali per poter sperare che i propri contenuti diventino virali e producano quel ‘buzz’, quel passaparola, che può generare un importante aumento delle vendite. Purtroppo però la viralità non è una caratteristica che si può progettare nel chiuso di una stanza: ci vuole anche un po’ di fortuna, il momento e il luogo giusti, il tema che incroci quello del momento sul web.

Possono però fare molto le tecniche del  digital pr e del link building, la gamification, cioè l’uso dei giochi brandizzati, il guerrilla marketing, ambient marketing, i  flash mob, l’expérience marketing che si basa sull’interazione azienda-cliente.
Perché non provare? Grazie alle professionalità di Mg Group, innovativa web agency a Milano, potrai utilizzare la tecnica di web marketing più adeguata ai tuoi obiettivi e al tuo business plan. Se non ti fidi della nostra pubblicità, fidati dei nostri clienti e della loro soddisfazione: contattaci subito.

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Google Adwords Diventa Google Ads

Google Adwords Diventa Google Ads

Google Adwords cambia nome e diventa Google Ads. Alcuni di voi avranno visto comparire questo annuncio navigando nelle piattaforme google e si saranno chiesti come mai. La spiegazione non è poi così complessa e quindi proviamo a raccontarvela in un breve post di questo blog.

Google Ads: un rebranding e un prodotto più semplice

Maggiore semplicità: è questo l’obiettivo del rebranding di Google Adwords. La semplificazione del nome, con il taglio delle lettere, è già un po’ un segnale di questa intenzione di Google. A renderla palese poi ci sono le dichiarazioni dei manager protagonisti dell’operazione: Sridhar Ramaswamy, vicepresidente senior Ads & Commerce di Google, ha spiegato sul blog di google, che ‘la compagnia ha ottenuto “feedback consistenti” e l’alto numero di acquisizioni nel tempo possono aver generato qualche confusione tra gli inserzionisti. Il rebrand dovrebbe cominciare a luglio e l’obiettivo è quello di semplificare, introducendo formule più semplici per inserzionisti e publisher’.

E poi ancora ha parlato della complessità del mondo dell’advertising on-line contemporaneo, spiegando ancora che “Abbiamo lanciato AdWords circa 18 anni fa con un semplice obiettivo: rendere più facile la connessione online con le aziende. […] Molto è cambiato da allora […] Di conseguenza, gli operatori di marketing hanno maggiori opportunità di raggiungere i consumatori attraverso canali, schermi e formati. Le possibilità non sono mai state così stimolanti, ma non sono mai state nemmeno così complesse”.

Per andare incontro a queste nuove esigenze delle aziende e dei marketers Google Ads  diventerà più semplice da utilizzare, e ci saranno nuovi strumenti e soluzioni per aiutare gli inserzionisti meno esperti ad impostare una campagna di annunci, sia nella rete display sia in quella search. Ma non solo, dietro il cambio di nome c’è anche la scelta di raggruppare in un’unica piattaforma l’intera gamma di funzionalità pubblicitarie offerte da Google.com, dagli altri canali di proprietà della società e dai siti partner: app, YouTube, Google Maps, Google Play, e altro ancora tutte accessibili dal nuovo Google Ads.

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Google Ads e il ‘machine learning’ per le PMI

Per le piccole e medie imprese Google ha scelto la strada dell’introduzione in Google Ads di un nuovo tipo di campagna, pensata appositamente per chi muove i primi passi nell’advertising online. Nel blog di Kim Spalding – Product Management Director di Google – si legge: “con l’introduzione di Google Ads, le piccole imprese possono ora utilizzare le Smart Campaigns, la nostra nuova esperienza di annunci predefiniti. Abbiamo creato le Smart Campaigns adattando l’innovazione e la tecnologia pubblicitaria disponibile con Google Ads ai bisogni dei proprietari di piccole imprese. Ora puoi creare annunci in pochi minuti e ottenere risultati concreti, come far squillare il telefono, inviare lead al tuo sito web o portare clienti al tuo negozio.”

Tutto ciò sarà possibile grazie alla tecnologia di ‘machine learning’, apprendimento automatico, che è stata inserita nel nuovo Google Ads e che avrà molteplici funzioni, tra le quali le seguenti che destano maggiore interesse nei piccoli inserzionisti:

  1.  rendere adattabili gli annunci search: in questo modo il marketer non ha bisogno di fare altro rispetto ad inserire fino a 15 titoli e 4 righe di descrizione. Sarà Google a testare le combinazioni migliori e a produrre fino al 15% in più di risposte agli annunci.
  2. massimizzare la pertinenza degli annunci video su YouTube: grazie all’intelligenza artificiale google selezionerà i clienti cui mostrare i video pubblicitari tra quelli più responsive e più inclini a considerare l’acquisto dopo aver visto un video proposto da un brand. Questa funzione che si chiama Maximize Lift è attualmente in versione beta e verrà resa disponibile per tutti nei prossimi mesi
  3. aumentare le visite ad un negozio: questa funzione è attribuita alle ‘campagne locali’ e serve a massimizzare il numero dei clienti che arriveranno fisicamente presso un rivenditore dopo la ricerca on-line
  4. migliorare le campagne shopping: anche queste campagne avranno dei miglioramenti tecnici, diventando campagne ‘smart shopping’, cioè intelligenti, grazie all’apprendimento automatico. In questo modo basterà selezionare le Kpi aziendali e non sarà più necessario impostare tutto manualmente, inoltre questo tipo di campagna verrà ottimizzata su obiettivi di business multipli

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3 nuovi marchi Google per inserzionisti di tutte le dimensioni

Non c’è solo Google Ads, visto che per le aziende più grandi Google ha deciso di ottimizzare anche le altre piattaforme, introducendo nuovi marchi anch’essi portatori di soluzioni più semplici: Google Marketing Platform e Google Ad Manager. Anche in questo caso si tratta di revisioni che puntano a semplificare la pubblicazione di annunci e ad aumentarne il valore, ottimizzando il posizionamento sui dispositivi e i canali giusti per i target individuati.

  1. Google Marketing Platform unifica i prodotti per inserzionisti DoubleClick Digital Marketing e Google Analytics 360 Suite e si rivolge ai team di marketing aziendali che hanno bisogno di utilizzare contemporaneamente la tecnologia di annunci e quella di analisi.La piattaforma aiuta quindi gli esperti di marketing a pianificare, acquistare, misurare e ottimizzare i media digitali e le esperienze dei clienti in un unico posto. Inoltre Google ha annunciato che a questa piattaforma verranno nelle prossime settimane unificate anche le funzionalità di DoubleClick Bid Manager, Campaign Manager, Studio e Audience Center nella funzione che verrà chiamata Display & Video 360.
  2. Google Ad Manager: una piattaforma completa che unisce DoubleClick for Publishers e DoubleClick Ad Exchange. E’ rivolta al mondo degli editori che hanno bisogno di maggiore semplificazione a fronte di una sempre maggiore complessità della qualità e del numero dei device utilizzati per pubblicare e monetizzare i propri contenuti.

Il futuro dell’advertising per web comincia in questi giorni: farne parte anche tu

Il mondo dell’advertising di google può sembrare a molti titolari di piccole e medie imprese troppo complesso e distante dalle proprie competenze. Lo sa Google, che sta razionalizzando i suoi servizi, e lo sa chi come noi ogni giorno lavora al fianco di centinaia di imprenditori. Eppure questa distanza va colmata: un business cui si vuole dare un futuro di successo deve necessariamente utilizzare anche gli strumenti del web marketing. Lasciati guidare da noi di Mg Group, web agency di Milano, in questo nuovo percorso verso nuovi clienti e nuove opportunità. I nostri esperti sanno utilizzare perfettamente tutte le piattaforme di Google e sceglieranno per te le modalità migliori analizzando le caratteristiche della tua azienda.

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Lego Movie 2: arriva il Sequel, lo storytelling perfetto continua

Lego Movie 2: arriva il Sequel, lo storytelling perfetto continua

Il 2019 sarà l’anno del sequel di ‘Lego Movie‘, il film della Lego che, nel 2014 con il primo episodio, fece parlare di sé milioni di bambini e famiglie, ma anche e soprattutto lasciò a bocca aperta decine di migliaia di comunicatori, pubblicitari, esperti di marketing in tutto il mondo. Si scrissero migliaia di articoli sulla stampa e sui blog, i cui titoli avevano per lo più un tono di estasi ed esaltazione: ‘il miglior esempio di storytelling della storia’, ‘il miglior brand storytelling di sempre’, ‘Lego Movie ha creato uno standard per lo storytelling’ e così via.
Ora vi starete chiedendo cos’è lo storytelling. Vi basti sapere per il momento che è un insieme di tecniche usate per costruire una narrazione, nel marketing ma non solo, una storia da raccontare capace di trascendere dalla classica pubblicità che si limitava solamente ad illustrare le caratteristiche proprie dei prodotti.
Proprio qualche settimana fa, agli inizi di giugno, è stato diffuso il trailer di Lego Movie 2 e questa nuove uscita è parsa a noi di Mg Group Italia una buona occasione per spiegarvi perché con questi film la Lego ha mostrato a moltissime aziende una tra le strade migliori per promuovere i propri prodotti, fare marketing, ottenere risultati sull’aumento delle vendite.

1- I prodotti sono solo un mezzo, ciò che i clienti acquistano è un’idea.

Un’idea o una promessa: a ben guardare è questo che ci stimola ad acquistare qualcosa. Scegliamo qualcosa sulla base dei valori espressi dal prodotto, o sull’evocazione di un miglioramento di qualsiasi aspetto della nostra vita quotidiana, o ancora compriamo un certo prodotto perché esso sembra prometterci qualcosa, spesso divertimento, benessere e svago.
Questo è il caso della Lego, fin dalla sua fondazione: il suo sistema di gioco è esso stesso, intrinsecamente, una promessa di divertimento basata sul valore della creatività. Ogni azione di marketing della Lego rafforza la stessa idea: con i mattoncini si creano infiniti oggetti e con essi infinite storie, si stimola la creatività di adulti e bambini e non ci si annoia mai.

Molti brand hanno capito che devono associare un valore positivo al proprio nome, e hanno cominciato a fare storytelling marketing o campagne promozionali in cui associano l’acquisto del prodotto ad una qualche azione di solidarietà (piantare alberi, contribuire alla costruzione di una scuola in un paese povero, portare cure e medicinali negli scenari di guerra). Lego con ‘Lego Movie’ è stata maestra in questo, associando un semplice gioco di plastica ad un’arte come il cinema che incarna, insieme al complesso delle arti figurative, l’idea stessa della creatività. Lego ha voluto dirci ‘il mio gioco è talmente creativo che può essere la base per un’opera artistica come un film, se hai fantasia con i tuoi mattoncini puoi costruire una complessa storia di 90 minuti che appassionerà grandi e piccini e vi regalerà un pomeriggio di divertimento’.
Un’ultima cosa: avete mai pensato a quanto sia straordinario dal punto di vista commerciale convincere i propri clienti a pagare un biglietto per vedere un gigantesco spot al cinema? Altro che inbound marketing, Lego con questa iniziativa ha messo in discussione ogni definizione preordinata.

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2- Il marketing della lego è transmediale

Con ‘Lego Movie’ la Lego ha aggiunto nel 2014 un tassello da 60 milioni di dollari di investimento alla sua strategia di marketing e comunicazione transmediale. Che significa? Significa che Lego ha speso 60 milioni di dollari per portare i suoi contenuti brandizzati sul grande schermo in tutto il mondo. Ma questo non è stato l’unico media su cui essi sono stati veicolati: ci sono stati short film come Lego Star Wars o Lego Indiana Jones; serie Tv come Lego Ninjago, Lego Bionicle o Lego Friends, o episodi speciali per specifici canali tv come Cartoon Network o Disney come accaduto per alcuni episodi di Lego Marvel Super Heroes o Lego Scooby Doo o video più brevi destinati esclusivamente a YouTube. Ma non finisce qui: Lego ha investito (e poi venduto negli anni di crisi) in parchi di divertimento tematici e brandizzati chiamati Legoland, in videogiochi, in libri, maglietta, gadget di ogni tipo, fino a diffondere nelle scuole dei kit, chiamati Lego Story Starter, facenti parte di una speciale linea ‘education’, destinata ad essere usata per stimolare la capacità degli studenti di raccontare storie. Naturalmente a tutto ciò sono stati affiancati negli anni tutti gli strumenti più classici delle campagne di comunicazione, dagli spot video, passando per i banner sul web e le pagine sui social media, fino alla cartellonistica.
Lego ha così dimostrato di sapere che che oggi il pubblico è alla ricerca non solo di storie perfette, pensate in maniera specifica per il media con cui verranno distribuite, ma anche di un universo narrativo che possa esplorare in molteplici modi. Il content marketing non basta, serve un marketing – come quello Lego, transmediale e non semplicemente cross-mediale: esso non ripete lo stesso identico contenuto sulle diverse piattaforme e i diversi media, ma invece produce contenuti differenziati, adattandoli alle potenzialità del canale scelto e costruendo un mix mai ripetitivo e mai ridondante.

3. Contenuti differenti, storytelling coerente

Sembra ovvio, ma non per tutti lo è. Quante volte abbiamo visto aziende, anche grandi, comunicare con uno storytelling confuso, parcellizzato, contraddittorio, rivisto e modificato più volte nel tempo? Capita spesso che un marchio che abbia diversi prodotti pensi di promuoverli con narrative dall’impostazione e dai contenuti differenti. Niente di più sbagliato. La Lego insegna che avere una narrativa coerente è fondamentale per garantire che i consumatori possano acquistare non solo la marca ma anche la sua storia. Negli anni l’azienda ha sviluppato sempre lo stesso filone, senza mai tradire i valori delle origini. Godtfred Kirk Christiansen, presidente e CEO del gruppo, figlio dello storico fondatore, era solito dire agli albori dell’azienda dei suoi mattoncini che ‘il loro unico limite è l’immaginazione’: con il film ‘Lego Movie’, ancora oggi, a più di 60 anni dalla loro nascita, il marketing di quest’azienda si rivela essere orientato a dimostrare questo assunto. E che dire delle grandi mostre che recentemente hanno attraversato la nostra penisola portando nelle stanze dei musei oltre 600.000 mattocini lego? La narrazione è sempre la stessa.

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4. Lego conosce i suoi clienti e sa perché comperano i suoi mattoncini.

Lego conosce i bambini e gli adulti che comprano i suoi mattoncini. Sa che vogliono libertà, innovazione e intelligenza. Sa che sono tutti un po’ architetti, operai e scrittori: progettano forme nuove, vogliono costruirle con le proprie mani per ambientarvi poi storie e personaggi frutto della loro fantasia.
Il prodotto Lego quindi deve ogni giorno incontrare i gusti del suo pubblico, ma deve anche forgiarli, ispirarli e stimolarli al tempo stesso: l’obiettivo dell’azienda produttrice è ispirare in ogni modo e in ogni occasione i giovani a inventare creazioni sorprendenti, ad immaginare le loro storie e lasciare che la loro immaginazione sia libera. In qualche modo Lego vende uno stile educativo e uno uno stile di vita cui i suoi clienti aderiscono entusiasticamente.

Creare storie capaci di rispecchiare i veri motivi per cui delle persone acquistano un prodotto è una regola fondamentale del marketing basato sullo storytelling e orientato alla creazione di brand value. ‘Lego Movie’ rispecchia quei motivi non solo per il mezzo scelto, ma anche per la storia che il film racconta: una storia positiva e divertente, spesso buffa, in cui un comune omino LEGO viene erroneamente identificato come la persona più straordinaria di sempre e la chiave per la salvezza del mondo, ma solo grazie alla creatività riuscirà a risolvere positivamente il conflitto tra ‘buoni’ e ‘cattivi’. Sarà lo stesso anche per il secondo film? Dal trailer si intuisce di si.

5. Tornare bambini: la nostalgia che convince gli adulti ad acquistare

Gran parte del successo del ‘Lego Movie’ è dovuto alla nostalgia che induce negli adulti. Tutti sognano di poter tornare bambini, tutti provano piacere quando devono aiutare il proprio figlio a montare una scatola di Lego. Il film ha congiunto nuovamente le generazioni: per mano, genitori e figli, nonni e nipoti  hanno attraversato le porte del cinema per un film che piace a tutta la famiglia. In questo modo Lego attraversa le generazioni: diviene oggetto del desiderio dei bambini ma soprattutto anche degli adulti che sono coloro che detengono realmente il potere di acquisto.

La nostalgia è un grande perno per lo storytelling e per accrescere le vendite di molti prodotti: si pensi a Giovanni Rana e al suo continuo richiamo ai tortellini di una volta, oppure a quelle linee di elettrodomestici che richiamano forme e colori degli anni ‘60. È il passato in tutti questi casi che muove le corde emotive giuste.

Ora che sai perché la Lego ha conquistato i cuori di comunicatori e clienti con ‘Lego Movie’, e ora si appresta a farlo per la seconda volta con il sequel, è bene che tu sappia che lo storytelling marketing non è un investimento che si può fare soltanto se si hanno a disposizione 60 milioni di euro. Bastano anche cifre considerevolmente più piccole per creare una storia che parli dei valori di un marchio per una piccola o media impresa, o che si rivolga ad un target territorialmente delimitato. Perché non provare? La nostra web agency può fornirti le idee e le professionalità necessarie ad immaginare un piano basato sullo storytelling. Contattaci al più presto, anche solo per avere informazioni e farti un’idea: la tua azienda aspetta solo di crescere. Affidati ad una delle migliori web agency di Milano.

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Scandalo Facebook: data-sharing con produttori di smartphone

10 anni, 60 aziende di tecnologia, milioni di utenti e loro amici. Sono questi i numeri del nuovo scandalo sulla privacy che sta coinvolgendo Facebook dopo il caso Cambridge Analitica. Il New York Times ha infatti rivelato l’esistenza di accordi con molte aziende produttrici di smartphone, tra cui Apple, Amazon, BlackBerry, Microsoft e Samsung e molte altre, tra cui tutte le principali aziende produttrici cinesi, con le quali Facebook avrebbe condiviso i dati degli utenti senza alcuna autorizzazione esplicita.

La privacy scambiata per funzioni su smartphone più efficienti

Le ragioni di tali accordi pare siano da rintracciarsi nel fatto che 10 anni fa la app di Facebook non esisteva e nemmeno gli store di app. Facebook aveva bisogno della collaborazione delle aziende produttrici di telefonia per fare in modo che il proprio software fosse fruibile ai possessori di dispositivi mobili e per portare in sostanza Facebook direttamente nelle mani di milioni di persone.

Su un piatto della bilancia la possibilità di rendere le funzioni del social disponibili sui device – postare foto, aggiornare gli status, condividere video – e sull’altro piatto la privacy degli utenti. L’accordo siglato da Facebook prevedeva – secondo il noto quotidiano statunitense – esattamente questo scambio. Le aziende partner hanno così avuto accesso per un decennio ai dati sul comportamento degli iscritti, sulla navigazione, sui ‘like’, i commenti, le pagine seguite, comprese quelle degli amici.

I dati degli utenti condivisi anche dopo Cambridge Analitica

Una mancanza di trasparenza che sarebbe continuata anche dopo il 2015, così ha scritto questa volta il Washington Post, anno in cui Facebook ha dichiarato, dopo gli scandali, di aver dato una stretta alla modalità con cui condivideva i dati degli utenti con gli sviluppatori di app di terze parti.

Eppure pare che ancora sei mesi dopo l’annuncio, gli sviluppatori di giochi e app di servizio avessero accesso a dati sensibili come il nome, il sesso, la data di nascita, la città, le foto e i like.

Facebook, che aveva già consegnato un rapporto di 454 pagine in risposta ai quesiti sollevati sulla privacy dal congresso Usa ed era stata costretta ad una visita in Europa per rassicurare le istituzioni sulla gestione dei dati personali dei cittadini, continua evidentemente ad avere necessità di analizzare i comportamenti dei propri utenti per stare al passo con il mercato e cercare di non perdere settori del suo pubblico di oltre un miliardo di persone.

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Non siamo a conoscenza di abusi da parte di queste aziende: la replica di Facebook

In ogni caso dal social network hanno replicato al New York Times difendendosi dalle accuse e rivendicando la correttezza degli accordi.
A farlo è stato
Ime Archibong, vicepresidente di Facebook, che ha precisato che le aziende di tecnologia hanno «firmato accordi che impedivano l’uso delle informazioni per scopi diversi». Nella stessa nota è stato chiarito che gli utenti erano informati di questa condivisione e che veniva loro chiesto il consenso. «Nei primi giorni del `mobile´ – ricorda Archibong – non c’erano negozi di app, quindi aziende come Facebook, Google, Twitter e YouTube dovevano lavorare direttamente con i produttori di sistemi operativi e dispositivi per portare i loro prodotti nelle mani delle persone. Abbiamo creato una serie di interfacce di programmazione che hanno consentito alle aziende di portare Facebook sugli smartphone”. E poi ha precisato, ammettendo quanto denunciato dai 3 giornalisti autori dell’inchiesta del New York Times sull’accesso ai dati da parte di oltre 60 aziende: «Non siamo a conoscenza di eventuali abusi da parte di queste aziende».

Tutto ciò che è gratis vende te come prodotto

Uno scandalo dietro l’altro, da cui emerge sempre la stessa realtà: quando un prodotto è gratis molto spesso ciò che produce profitto sono gli stessi utenti, i loro dati personali, la ricchezza che prodotta dall’analisi dei loro comportamenti nel web. Una condizione con cui la società contemporanea fa sempre più fatica a fare i conti, stretta tra l’impossibilità di fare a meno di strumenti come i social network che ormai sono diventati parte della quotidianità di miliardi di persone e la volontà di tutelare la privacy dei cittadini. Siamo davvero disponibili a far diventare noi stessi prodotti da vendere sul mercato dei big data? Nei prossimi anni questa domanda continuerà ad essere al centro di grandi dibattiti, ad orientare le nuove forme di innovazione tecnologica e anche a trasformare il settore del marketing e della comunicazione.

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